Per scrivere questo diario di viaggio vogliamo partire dalla fine… da quegli ultimi metri che ci separavano dal simpatico, preciso e instancabile Andrea della Famija Santhiateisa che al microfono aspettava solo noi DADOMI (come sempre d’altronde in quei due giorni) per chiudere l’ordine d’arrivo.
Sembrava che tutto quell’acido lattico dovuto al cammino del giorno prima avesse deciso di farsi vivo con Domenico improvvisamente alle porte di Santhià, quando mancavano poche centinaia di metri; gli ultimi passi furono veramente terribili, pur non avendo vesciche ai piedi, le sue gambe erano diventate come pesanti tronchi di quercia invasi da voraci tarme.
Eravamo alla fine, ma quel dolore lo rendeva insensibile e sordo a tutto ciò che lo circondava.
Ora scrivendo queste righe ci rammarichiamo di non aver fatto un’ arrivo un pochino più “trionfale”… va bene, eravamo ultimi… questo era largamente previsto, però in quel momento dopo quella breve corsa di 3 metri che ci separava dal saltino finale sul logo di Santhià Express ecco… lì avremmo voluto abbracciarci e dirci soddisfatti : “Visto che ce l’abbiamo fatta ?“, ma in quelle condizioni Domenico aveva dimenticato tutto.
Avremmo voluto passare accanto ai nostri “angioletti custodi” di bianco vestiti… perché proprio questo sono stati per noi, angeli che discretamente e sempre disponibili ci hanno coccolato, protetto e incentivato (anche se per noi quello che stavamo dando era il massimo). Questi ragazzi che solo dopo ti accorgi di quanto lavoro hanno fatto: le serate dedicate a questo grande progetto e il tempo rubato alle loro famiglie. Avremmo voluto abbracciare ognuno di loro per dire un sentito grazie di cuore per il tempo dedicato a noi e per averci fatto capire quanto sia più bello donare che ricevere.
Un pensiero va anche ai nostri compagni di avventura, perché questo sono stati per noi, neppure per un attimo li abbiamo considerati degli “avversari”; sono state persone con cui abbiamo condiviso brevi ma intensi momenti e tante risate, persone che non avevamo mai conosciuto che però ci hanno accolti senza indugi con la loro cordialità. La loro è stata veramente una sana competizione e ci ha riempito il cuore vedere tutti divertirsi e scherzare tra loro durante le prove e lungo il percorso.
Ora basta con questi sdolcinati e commoventi ricordi… noi siamo dei duri che ora ricorderanno per voi i decisivi momenti che hanno portato I DADOMI a un “soffio” dalla vittoria finale.
Alla sede della Famija Santhiateisa arrivammo puntuali e pure un po’ ansiosi e sotto un caldo sole di inizio autunno cominciammo a conoscere i componenti dell’organizzazione e le altre coppie partecipanti.
Poi su una carrozza principesca trainata da sei splendidi cavalli bianchi ci portarono al castello… forse ci stiamo confondendo con qualcos’altro… ma i cavalli e la carrozza quelli c’erano veramente e ci portarono tra due ali di folla in delirio verso la partenza di Santhià Express.
La partenza effettiva infatti era dal Cit Bar dove si svolsero le presentazioni e un breve aperitivo… Poi subito una prova: per non incorrere in penalità per quanto riguardava la scelta mosaico-occhio/persona corrispondente aspettammo la scelta di quasi tutti per puntare sui pochi rimasti. Questa strategia acuta accompagnata a un breve disorientamento dei punti cardinali fece sì che nei primi 50 metri ci trovassimo già “ingiustamente” ultimi.
Attraversando le prime risaie ci rendemmo subito conto che le altre coppie mantenevano un’ andatura “leggermente” più veloce della nostra. La consapevolezza di non essere in grado di competere degnamente con il “nemico” ci avrebbe afflitti per tutto il percorso.
Arrivati ultimi alla prima tappa di Pragilardo ci toccò la prima busta nera che accettammo con coraggio e orgoglio, fieri di essere i primi ad affrontare questa tragica realtà.
Domenico non riuscì ad attaccare tre semplici bottoni in 4 minuti, perciò non partecipammo al primo gioco. L’ onta di questo insuccesso ferì il suo tenero animo. Sul luogo venne perciò consumato un giuramento che prevedeva l’iscrizione a un corso di cucito o un eventuale periodo di pratica gratuita presso un’ attività cinese di riparazione vestiti.
Nella successiva prova della legna presso la tenuta Chiappine sprigionammo tutta la nostra buona volontà e la nostra forza fisica, ma un destino avverso e crudele le indirizzò altrove e non ottenemmo successo.
Giunti a Carisio nel tardo pomeriggio, scoprimmo con gioia che oltre al casello autostradale esistono delle abitazioni, una piazza e un edificio comunale bello e nuovo. Persone simpatiche e accoglienti ci avevano preparato un rinfresco e allestito una prova di abilità. La felicità fu immensa quando ci comunicarono che eravamo medaglia di bronzo, questo ci diede la speranza in un potenziale successo finale.
La giornata stava finendo e la luce del tardo pomeriggio illuminava i campi di riso di un giallo brillante. La tentazione di fermarci 10 secondi era tanta, ma anche la paura del rimprovero della nostra tutor non scherzava. Rischiando grosso Domenico si fermò per fare 2 foto, anche un pochino mosse per il tremolio dovuto alla stanchezza e per il timore di una strigliata… scherziamo ovviamente.
Arrivati alla cascina Calliera ci aspettavano ancora alcune prove: quella delle domande con relativa prenotazione con suono della campana e una prova di accensione del fuoco con metodi primitivi. Per quanto riguarda le domande evitammo di lanciarci in sprint rischiosi che potevamo danneggiare la nostra ormai fragile struttura ossea e per quanto riguarda il fuoco, pur avendo dei chiari ricordi del film di Robinson Crusoe e Domenico fosse stato da bambino un fanatico delle Giovani Marmotte, tutto questo non bastò ad accendere alcuna fiammella.
Giunse così il momento di montare la Ferrino, la nostra amata tenda trentenne, acquistata da fidanzatini e usata poche volte. La vecchia Ferri si dimostrò all’altezza della situazione, elastici ancora tonici, cuciture sigillate e abitabilità da hotel 5 stelle… o quasi. La notte la passammo un po’ dormendo e un po’ cercando la posizione migliore tra gli avvallamenti del terreno e la struttura ossea.
La mattina seguente un gallo molto, forse troppo mattiniero pensò bene alle 4 di mettere in mostra le sue doti canore e ci ricordò nuovamente che non stavamo sul nostro comodo materasso. Dopo una caratteristica e simpatica colazione contadina ci aspettava la prova della ricerca dell’oro, una breve dimostrazione sulla tecnica da utilizzare da parte del “Signor Pec” e poi via alla competizione. Penso che il destino qualche volta ci voglia bene… ha visto la nostra coppia in “leggera” difficoltà e cosa ti combina?
Combina una prova sulla ricerca dell’oro proprio a Domenico, nato a Mongrando che confina con il territorio della Bessa (nota miniera aurifera romana). Nel passato era stato pure membro dell’Associazione Biellese Cercatori d’oro. Così arrivò la nostra inaspettata prima vittoria in una prova.
Dovete sapere che mangiare un buon piatto di riso dà sempre a Domenico molta soddisfazione, a lui non importa in che modo venga cucinato e neppure se è leggermente scotto, il risotto gli piace in ogni caso. Ma ancora una volta il destino, come nella prova dell’oro, ci mise lo zampino…. questa volta negativamente.
La fermata presso la ditta produttrice di riso Guerrini faceva parte dalla tappa, dopo aver visitato i loro impianti e ascoltato le descrizioni delle fasi di lavorazione ci apprestammo così alla prova riso, questo riso tanto amato da Domenico.
Mentre eravamo concentrati sul tavolo di gara e stavamo annaspando sulla domanda che richiedeva il riconoscimento del tipo di riso proposto, a Domenico sembrò di sentire una voce giungere dall’alto che con tono profondo gli diceva…
“È il grande Chicco che ti parla: TU, mio mangiatore accanito, OSI non riconoscermi? Tu pensi solo a te e alla tua distratta e stupida ingordigia, non ti preoccupi di chi hai davanti, del suo nome, della sua storia, delle sue caratteristiche! Bene… allora che tu sia maledetto, che la tua coppia arrivi ultima delle ultime e che soffriate le pene del… della risaia!!”
Ecco fatto, ci mancavano pure queste maledizioni sulle nostre teste… ripartimmo giustamente nelle ultime posizioni… (il grande Chicco colpì in modo spietato) La strada era ancora lunga e anche un piatto di riso virtuale ci pesava sullo stomaco
Continuammo a camminare verso Salussola dove si svolse la divertente prova carriole e l’ottimo pranzo offerto del comune. E poi via più veloci della luce verso Santhià.
Alla cascina Moncocca ci attendeva l’ultima prova, la proprietaria, Signora Tarello, ci illustrò la storia e le caratteristiche odierne della struttura; noi ascoltavamo attenti, ma sentivamo che anche la memoria non era più così performante come il giorno prima.
Infatti la prova delle domande su quanto ci era stato raccontato non andò molto bene. Come coppia arrivata ultima alla tappa, ci consegnarono l’ultima busta nera, che avrebbe dovuto contenere una penalità, noi pur potendo decidere di “regalarla”ad un’altra coppia, l’accettammo di buon grado pensando che non avrebbe influito sulla posizione di classifica, all’apertura scoprimmo però con gioia che la penalità era in realtà un bonus: avremmo fatto gli ultimi km senza lo zaino!!
Eravamo quasi arrivati alle porte di Santhià quando le gambe di Domenico cominciarono a protestare e la sua andatura si fece sempre più lenta e pesante.
Entrò nell’anfiteatro lentamente (le immagini diffuse dai notiziari di tutto il mondo possono testimoniarlo) in piena crisi e si accorse chiaramente che sopra di lui i Santi del paradiso facevano a gara a chi doveva per primo manifestarsi nelle sue visioni di sofferenza.
Quello che successe dopo lo avete letto all’inizio.
Vogliamo concludere solo con alcune considerazioni: ci siamo divertiti e il nostro ritmo di marcia ci ha dato la possibilità di osservare l’ambiente che attorno a noi cambiava lungo il nostro cammino, ci ha fatto sentire profumi e riscoprire vegetazioni che ci riportavano all’infanzia, ci ha purtroppo anche fatto vedere ammassi di rifiuti abbandonati da persone incivili ai bordi di alcuni sentieri.
Tutto questo noi DADOMI non lo avremmo mai vissuto se non avessimo conosciuto Roberto, figlio dei nostri vicini di casa, che ci propose qualche mese fa questo evento e ci disse che non ce ne saremo pentiti. Noi, da tipi curiosi quali siamo, accettammo entusiasti non senza però qualche timore.
Ripensandoci ora ci rendiamo conto che abbiamo fatto bene a partecipare e che in questa vita vale sempre la pena essere curiosi e vivere più spesso in prima persona delle iniziative, solo interagendo con altri possiamo migliorarci e crescere umanamente.
Grazie ancora di cuore alla Famija Santhiateisa e a tutti i suoi volontari ai quali speriamo di aver lasciato un buon ricordo.